Classe digerente by Giulio Bacosi

Classe digerente by Giulio Bacosi

autore:Giulio Bacosi [Bacosi, Giulio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Graphofeel
pubblicato: 2022-04-09T22:00:00+00:00


Nel pubblico, il potere come “servizio” disinteressato: la capacità di metabolizzare e assorbire tutto, trasformandolo in valore ed energia positiva

Abbiamo paragonato la società civile a un corpo umano in cui tutti gli organi e gli “apparati” sono al servizio della persona, ciascuno svolgendo al meglio la sua funzione; ugualmente, anche tutti i cittadini, nessuno escluso, sono in qualche modo servitori, debitori, classe dirigente. É ovvio però che esiste un “apparato”, quello “digerente”, che trasforma la materia ingerita in energia per il movimento, per la stessa vita, di tutta la persona: quell’apparato è proprio l’apparato pubblico delle Istituzioni e quello privato dell’Impresa, che sono “debitori” per antonomasia, proprio in quanto capaci di trasformare in linfa vitale – ciascuno nel proprio settore– ciò che ci circonda, convertendolo in beni e servizi per i cittadini.

La “materia ingerita” – nel caso di un “apparato” istituzionale, produttivo e sociale – comprende non solo quanto vi è di buono in un contesto civile (la capacità produttiva, il lavoro, le idee, la spinta verso il progresso), ma anche gli elementi nocivi all’organismo stesso (gli errori gestionali del passato, le politiche sbagliate, le inevitabili congiunture economiche). Elementi, questi ultimi, che un apparato “digerente” in buona salute, così come un apparato digerente umano, deve essere in grado di scindere nel modo giusto, metabolizzare e trasformare in qualcosa di prezioso per il corpo.

Nel nostro Paese, questo processo non si è in passato svolto sempre nel modo più giusto: ed il risultato è sotto gli occhi di tutti noi. La nostra società non è in grado di assorbire le criticità, siano esse di tipo calamitoso, climatico, di dissesto idrogeologico, di stampo criminale o di qualsiasi altra natura, e di farvi fronte in modo efficace.

Senza spingersi troppo indietro nel tempo, ed analizzando i soli dati degli ultimi quarant’anni, possiamo affermare senza temere di essere smentiti che se l’apparato “digerente” pubblico e privato avesse funzionato in modo giusto, si sarebbero aiutati i terremotati di Amatrice del 2016-17, consapevoli che L’Aquila aveva già completato la propria ricostruzione dopo il terremoto del 2009, essendo stati completamente sistemati i 506 comuni dell’Irpinia devastati dal terremoto del 1980. Mentre sappiamo che oggi, a più di quarant’anni da quest’ultimo terribile sisma, che costò la vita a 3.000 persone, la ricostruzione di questi Comuni è “quasi” completata, ma la prospettiva di sviluppo industriale in loco è rimasta inattuata.

Sempre se ci fosse stata una buona metabolizzazione, i 53 morti dell’alluvione della Valtellina avrebbero evitato i 70 morti e i 2.226 senzatetto dell’alluvione in Piemonte del 1994. E nel caso in cui si fosse tratto il giusto insegnamento da questo tragico episodio, non ci sarebbero stati i 13 morti e i 1.500 senzatetto dell’alluvione della Versilia del 1996; i 160 morti della Valle del Sarno e del Vallo di Lauro in Campania del 1998; i 23 morti, 11 dispersi e 40.000 sfollati dell’alluvione del Piemonte del 2000; i 36 morti dell’alluvione del 2009 in provincia di Messina, e i 18 morti dell’alluvione del 2013 in Sardegna. Tutte vittime del dissesto idrogeologico, non del solo maltempo.



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